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Strumenti per lo smart working: quali sono quelli indispensabili

Gli strumenti per lo smart working oggi sono al centro del dibattito su come debba proseguire l’operatività nel “new normal”. Dopo la fine del lockdown, infatti, la maggior parte delle aziende e dei dipendenti che hanno sperimentato, seppur forzatamente, i benefici del lavoro agile, hanno manifestato l’intenzione di continuare sulla strada della flessibilità e della produttività. Per farlo, però, occorrono strumenti adeguati allo smart working che spesso sono mancati durante la quarantena. Questo perché in moltissimi casi l’assetto organizzativo delle imprese non era pronto a supportare attività svolte costantemente al di fuori del perimetro dell’ufficio. Oggi, invece, i tempi sono maturi per implementare le tecnologie che consentono di abbattere i vincoli di prossimità e mettono in condizione di collaborare da qualunque luogo ci si trovi. Al primo posto di tali tecnologie va citato il cloud, seguito da un gestionale di ultima generazione. Entrambi, poi, hanno bisogno di un cambiamento culturale che vada oltre la risposta alla crisi pandemica.


Il cloud al primo posto tra gli strumenti per lo smart working

Il periodo di emergenza, a proposito degli strumenti per lo smart working, ha chiarito che senza il cloud computing non è possibile abilitare pienamente il lavoro a distanza. I limiti dei sistemi on-premises si ripercuotono sull’accessibilità ai dati aziendali e sulla sicurezza. In assenza di un repository centralizzato a cui attingere, infatti, file e documenti rimangono gelosamente custoditi nei data center installati in locale. Mentre, per quanto riguarda il tema della security, i livelli di criptazione garantiti dalla “nuvola” risultano statisticamente superiori rispetto a quelli offerti dall’on-premise. Senza dimenticare che il cloud permette di assolvere nativamente ai requisiti di compliance come quelli richiesti dal regolamento europeo GDPR in materia di tutela dei dati personali, requisiti ai quali, altrimenti, l’azienda dovrebbe adeguarsi internamente. Basti pensare che le strategie di business continuity e disaster recovery in genere sono un’estensione prevista nelle piattaforme cloud-based che permettono di proteggere dati e sistemi in caso di incidente o downtime.

 

Perché un ERP di ultima generazione serve al lavoro agile

Il secondo degli strumenti fondamentali per lo smart working è un ERP (Enterprise Resource Planning) evoluto. Sebbene negli ultimi mesi spesso l’attenzione si sia concentrata sui tool di collaborazione e comunicazione, valutando quelli più resilienti e a prova di cyber attack, la vera dorsale informativa di un’impresa rimane il suo software gestionale. Tutti i principali processi aziendali, da quelli finanziari e contabili agli acquisti e alle vendite, fino a quelli produttivi e logistici, sono governati dall’architettura modulare di un ERP. Per questo le organizzazioni che nella fase di lockdown non hanno potuto accedere a ordini, preventivi, contratti, registro firma ecc. sono state costrette a interrompere quasi tutte le loro attività rilevanti. Un gestionale che, al contrario, sfrutti il cloud per erogare le risorse di cui ciascun dipendente ha bisogno non teme nessuna limitazione o distanziamento sociale. Che si tratti di profili amministrativi o di sales manager, chiunque può operare tranquillamente in mobilità e da remoto.


Un nuovo mindset insieme agli strumenti per lo smart working

I due strumenti per lo smart working appena ricordati non bastano se non sono accompagnati da un percorso di change management che ridisegni il mindset consueto con cui vengono concepiti i compiti lavorativi. Si tratta di scardinare abitudini profonde e radicate, su cui ruota l’intera organizzazione aziendale. L’uso del badge per controllare la presenza, la mensa, perfino il calcolo degli straordinari sono tutti esempi di un sistema ufficio-centrico contraddetto da un’idea di collaborazione basata sul raggiungimento degli obiettivi e sulla fiducia riposta nelle persone. Anche la legge n. 81 del 22 maggio 2017 sul lavoro agile, a soli tre anni dalla sua entrata in vigore, manifesta già segni di invecchiamento. Tanto da aver richiesto un decreto nel marzo scorso, convertito nella legge n. 27 del 24 aprile 2020, per disciplinare lo smart working, ma solo fino alla conclusione dell’emergenza. Adesso tocca alle aziende, dotandosi degli strumenti giusti per lo smart working, scegliere a favore o contro flessibilità e produttività.

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